Mondiali di calcio 1982. Nell'urlo di Tardelli il canto del cigno del 68 e degli anni 70





Rivedendo le immagini dell'urlo liberatorio più famoso della storia del calcio, mi viene da pensare che la generazione degli anni 70, strettamente imparentata con quella del 68, cessò di esistere proprio e soltanto in quel momento, nell'apoteosi della folle corsa di Tardelli, col volto sfigurato dalla gioia. E' un paragone puramente simbolico, questo è ovvio..., soltanto una metafora e nulla più.

Quelle notti dei mondiali del 1982 "autenticamente magiche" lo furono per davvero. La notte più bella fu quella della semifinale vinta col Brasile, un ondata emozionale collettiva senza precedenti, la gente si riversò per le strade senza che nulla fosse stato preparato prima. Fu un fatto istintivo, senza alcuna pianificazione a priori, come una gioia che coglie di sorpresa, anche insperata, e scatena una leggendaria festa collettiva. E tutti, proprio tutti, sbigottiti, tanto da assistere quasi in trance alla successiva finale con la Germania.Negli anni successivi, si sa, ogni partita della nazionale ai mondiali, fosse anche giocata con la Tanzania, vedeva la gente già con le bandiere pronte e i motori delle macchine accesi, tutti preparati a festeggiare con largo anticipo. Ai mondiali del 1982 l'improvvisazione fu totale. C'è una bella differenza tra il gioire di colpo e l'essere già pronti a farlo...

Spero che con tutto il cuore che la futura festa popolare più grande, istintiva e genuina, si realizzi quando Berlusconi verrà messo definitivamente in fuori gioco ed espulso definitivamente da ogni campo di gioco...

E con l'urlo di Tardelli dopo il gol alla Germania in finale, si spensero per sempre i sogni della "leva calcistica del 68 e degli anni 70", si spensero in un momento di felicità, non certo di tristezza... Da lì in avanti l'inesorabile e lento declino, che ancor più lentamente negli anni avrebbe via via spalancato la strada ai vari Berlusconi, Emilio Fede, il grande fratello, i reality spazzatura di ogni genere, Paola e Chiara, e chi più ne ha più ne metta.....In questo astruso parallelo tra il calcio e la vita, penso che la canzone simbolo del tramonto di quella generazione del 68 e degli anni 70 sia proprio questa...


LA LEVA CALCISTICA DELLA CLASSE 68 di Francesco De Gregori

Sole sul tetto dei palazzi in costruzione, sole che batte sul campo di pallone e terra e polvere che tira vento e poi magari piove. Nino cammina che sembra un uomo, con le scarpette di gomma dura, dodici anni e il cuore pieno di paura.
Ma Nino non aver paura a sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia.
E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai di giocatori che non hanno vinto mai ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro e adesso ridono dentro a un bar, e sono innamorati da dieci anni con una donna che non hanno amato mai, chissà quanti ne hai veduti, chissà quanti ne vedrai....
Nino capì fin dal primo momento, l'allenatore sembrava contento e allora mise il cuore dentro alle scarpe e corse più veloce del vento. Prese un pallone che sembrava stregato, accanto al piede rimaneva incollato, entrò nell'area, tirò senza guardare ed il portiere lo fece passare.
Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo e dalla fantasia. Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette, questo altro anno giocherà con la maglia numero sette...




Non è un caso che Gabriele Salvatores l'abbia inserita in Marrakech Express, che è un autentico film nostalgia. Una leva calcistica che proprio non aveva paura di sbagliare un calcio di rigore..., pur avendone sbagliati diversi..., ma che ormai ha "appeso le scarpe a qualche tipo di muro"...., sconfitta dal tempo che è passato e da ogni resturazione andata a buon fine da un pezzo.
Malinconicoblues